Viaggi nel tempo (e altre cosmesi)

viaggi tempo age

Oscillazioni cronotipiche

In una società che combatte tutti i pregiudizi non si dimentica ciò che conta, il denaro che può fruttare la libertà che ciascuno ha di fare ciò che desidera. Sarebbe d’altronde un peccato mortale deprimere il mercato e alimentare un pregiudizio in un solo colpo.

Se ogni essere umano è libero di ricoprire il ruolo che preferisce, allora può anche interpretare l’età che più gli è congeniale.

Tutti abbiamo l’amico che, suvvia, già dai tempi del primo bacio aveva le tempie dell’animo canute. E credevamo si sarebbe ripreso, invece si sta solo raggiungendo.

Tutti abbiamo il vicino di casa che pur avendo un’età da prepensionamento, fa la fila al centro commerciale con i giovinotti per accaparrarsi una maglia stretch, pur avendo il fisico di Tutankhamon…o del suo sarcofago.

Gli stessi esempi valgono per le donne, ma fa più pregiudiziale parlarne, e la prima sarebbe una ragazza di sani principi, mentre la seconda, un’irrecuperabile zitella, la quale cosa non si dice!

Si oscilla nel tempo perché in fondo il tempo è solo la traccia di se stesso e se si oscilla di poco l’osservatore cade nel tranello. Una decina di anni in più o in meno, se madre Natura vuole, ce li si può giocare egregiamente.

Così per essere più giovani ci sono palestre, creme, tinte, gruppi e attività ricreative, sociali e social e marchi ed etichette che fanno un grand’effetto; per essere più interessanti, invece, tinte incanutenti, mercatini di libri, accessori, abbigliamento vintage e mobilia d’antan per dare una patina di vissuto al proprio corredo, e ancora circoli di bridge o di canasta, e parole polverose da citare. Clicca qui per un quadro su questo concetto e sulla CORRETTA PRONUNZIA della parola Vintage.

Tutto sta nel timonare questa curvatura temporale alla propria volontà. Eppure accade che, anche in assenza di volontà, esseri ignari e privi di ardori modaioli quali sono i bimbi, abbiano un fare compito e supponente e sicuro e mesto e accigliato, come un vecchio tricheco, e che bimbine sane ed energiche e primaverili abbiano la solerzia e l’agilità della regina Vittoria, e finanche la sua pratica saggezza.

Un po’ come quel vecchio amico che non poteva fare a meno di essere attardato per natura sul far della sera della vita, e che poi, autorizzato dal filone vintage/hipster/dilf/neosenile, ci si è adagiato. E ora indossa il paletot, la brillantina Linetti e una sensualissima essenza di patchouli.

Quando si fa un regalo a queste persone, lo si fa in linea con le loro (supposte) volontà, non secondo la loro età bensì secondo il loro orientamento cronologico. Parimenti, quando ci si occupa di bambini e si prendono decisioni per loro, a volte si prendono abbagli megagalattici. E allora lacca, gel, fondotinta, polveri e lustrini, nastri e volà…e la bimba mi diventa una Miss. Non è un fenomeno di ieri l’enfant prodige il cui prodige è che la bimba non è più un enfant. E allora sfilata, costumino sgambato come la modella di turno, balletto macabramente sexy, movenze da smorfiosa apprese ad arte e si vince il concorso.
Se ne avranno le mamme ma, ovviamente non è colpa delle bambine. Epperò così va il mondo e a molti quegli orrori sembrano bamboline carine.
Così a questo specifico cronotipo esogenetico ne corrisponde un altro, ineludibile e personalissimo, noto con il nome di infantilismo parafilico.

Nel quadro presentato non è altro che un’ulteriore combinazione delle possibili varianti. Se si tratta di variare in più o in meno la propria età estetica e se esiste un estremo, quale il bambino che si adultera, allora è plausibile l’adulto che si infantilizza.
E, come sottolineato all’inizio, è legge che il consumismo dia seguito e faccia mercato di ogni velleità, creando così un asilo, un ricovero, un ostello, a mo’ d’asilo nido, dove il soggetto parafilico possa scorrazzare in pannolone e schiacciare un pisolino, o giocare a inserire le formine le une nelle altre e dove responsabilità e impegni non abbiano libero accesso, succede a Milano come si legge nell’articolo.

Allora via la giacca elegante e il tacco marziale d’ordinanza, via la divisa di lavoro e benvenuto pannolone. La giornata scandita da pappe e pisolini e un esaudito desiderio di piangere a squarciagola, di fare capricci e di mettere il broncio.
Non so se questo possa in fondo poi giovare all’irrinunciabile altra parte di vita di ciascuno, quella fuori dall’asilo in cui tutto quel liberatorio se stessi è bandito. Non so se sia più un mercificare una patologia o male dei tempi, ossia la boria di vivere la responsabilità. Io non sono parafilico, ma a forza di scrivere di tutto questo mi è venuta voglia di gettarmi a terra e sporcarmi tutto.