Ero dietro la porta aperta.
Ero dietro la porta.

Non vedevo nemmeno la soglia,
ma mi tormentava il vento che attraversava l’apertura in affilata lama. Il gelo mi divorava la faccia e avevo le mani legate da non potermi schermare.

Dietro di me, il buio e una fioca luce sulle gambe senza forza. Tremulo, un raggio maggiore emanava e portava chiarore su altri lividi e segni di antichi tormenti.
Segni da non guardare. E io stretto ero contro il muro, col capo reclinato.

Eppure ero dietro la porta aperta.
Ero dietro la porta.

Sentivo solo l’odore di un luogo chiuso per sempre, come un scatola persa e piena di orrore. La vita mi ha toccato con lunghe dita ossute e ho perso forza nei ginocchi, così è stato per un momento: prendere un bus senza avere il biglietto.

Un nugolo di vespe pestilenti mi ha punto sulla nuca, per far dispetto e inoculare un poco ancora di veleno, ma sotto le messi del cielo seminate di stelle chiare si è acceso il freddo. E ho guardato il male negli occhi.

Ero dietro la porta aperta.
Ero dietro la porta.

Nessun laccio mi impediva di muovere le braccia né di spingere il battente o di muovere un passo. Ero dietro una porta che non dà su niente, né un giardino né un salone, ma non recide il cammino né taglia fuori nessuno. Una porta è un piano verticale su cui il viaggio non s’arresta, prosegue invece.

Serve spinta da forzare fuori fino a premere con la mano schiacciata contro il punto fiacco, in una porta. Serve forza per decidere se una porta ci resta fuori dal dentro cui aneliamo, o tiene dentro quando bramiamo espanderci e coprire l’immenso intoccabile e distante.

Un passo infilato oltre la soglia di una porta costa fatica infinita, uno solo passa galassie di fatti e costumi di sangue. Accompagna il coraggio per mano e sembra tenersi su un alito di fiato ma mangia i polmoni.

Un passo e tutto è come nuovo, o come prima, su un giro di tallone gira il verso del vento e tira forte verso qualcosa che si muove o su un cimitero di pianti sommessi.

Grazie al cielo, mentre ero dietro a una porta aperta ho sentito il tuono e sono entrato e dopo tutta la tempesta c’erano ancora giochi da fare e te da giocare.