Un buco

Alle cinque finisco di lavorare. Spengo tutto ed esco a correre proprio davanti al posto di lavoro. I vestiti di ricambio li porto con me dal mattino in un’ingombrante sacca scura: pedalano con me fino all’ufficio e aspettano quieti sotto la scrivania, come un cane annoiato che ronfa.

Preparo la sacca dopo la colazione, qualcosa viene dallo stendino, qualcosa dal cassetto della biancheria. Nella penombra del mattino in casa, quando di accendere le luci non ho voglia, né varrebbe a nulla perché non ho sufficiente attenzione.

Faccio tutto in silenzio: preparo la colazione, la consumo, scelgo i panni, mi preparo  per la giornata, passo i controlli; a volte ascolto le notizie e le commento a mezza bocca, a voce bassa. Accendo il computer, saluto il collega in entrata se c’è già, o dalla scrivania, quando arriva. Passano le ore.

Finito di lavorare carico la borsa in spalla e mi chiudo in bagno. Mi cambio in silenzio, sento il frusciare dei vestiti sui vestiti, la zip della borsa, qualche maldestro colpo sordo di gomito contro la porta. Vedo il programma parato di buon mattino farsi presente.

“Mannaggia!”.

Quel giorno ho chiuso il coperchio del water per sedermi, osservare e pensarci su. Uno dei calzini di spugna aveva un buco. Di quelli piccoli che se non guardi bene, non li vedi; ma mentre li indossi senti che ci sono. Mentre cammini o corri li senti crescere e non pensi ad altro. Dopo il peso di ore in silenzio, una minuscola delusione che si scontra con la spinta necessaria a partire in corsa. Ho meditato di non andare. Molto più a lungo del necessario. Era solo un piccolo buco, ma sembrava una voragine nei miei piani.

A  volte basta così poco, siamo attaccati con un filo sottilissimo al nostro equilibrio. Ci impegnamo perché tutto corra liscio, ma niente dipende da noi veramente. Basta un buco. Basta qualcosa di incontrollabile: la tensione di un filo non regge e si slega il legame. Come un disincantesimo di intenzioni. E la vita (s)decide per noi. Ci libera dagli impegni, rimette a noi il nostro tempo. Scioglie le promesse. Svuota di senso la preparazione, la preoccupazione, l’attesa.

La vita con un buco, con un’assenza, con un niente, ci chiama alla vita. Alla vita vissuta in un presente, che è fare con ciò che c’è e non con ciò che sapevamo ci sarebbe stato.

Quel giorno ho perso tempo, seduto sulla tavoletta del gabinetto a guardare il buco nel calzino. Ho corso male, poco, con fatica. Ero sicuro che alla fine avrei disfatto il calzino, ma così non è stato. Il buco è rimasto lì dov’era e non mi ha cambiato la vita. Ho convissuto con la sua presenza, con l’assenza di ciò che non c’era e la mia corsa per quanto imperfetta è stata mia.